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Elisabetta Brusa: Opere Sinfoniche, Vol. 1 e 2

Naxos (Collana 21st Century Classics) – DDD

Non capita spesso che un autore abbia la possibilità di veder pubblicati, nel breve volgere di pochi mesi, ben due cd relativi alla sua produzione. Se, poi, la casa discografica che li incide è la Naxos, ciò rappresenta una garanzia di elevata qualità nella scelta dei brani e nella loro esecuzione.

Sono le prime considerazioni che possono essere fatte, prima ancora di procedere all’ascolto dei due cd che la Naxos, nella sua collana “Musica Classica del XXI secolo”, dedica alle opere sinfoniche di Elisabetta Brusa.

Prima di parlare dei due dischi è bene fornire qualche notizia sintetica sulla compositrice, nata a Milano nel 1954.

Ad appena 5 anni ha cominciato a comporre e, prima di intraprendere regolari studi, aveva già scritto 30 pezzi per pianoforte ed un quintetto per archi.

Iscrittasi al Conservatorio di Milano, ha studiato inizialmente con Bruno Bettinelli e si è diplomata in composizione nel 1980, sotto la guida di Azio Corghi.

Nel 1982 ha vinto, con la composizione intitolata Belsize, il primo premio al Concorso Internazionale di Musica Contemporanea per Quartetto d’archi di Washington.

A completamento della sua formazione ha frequentato, dal 1976 al 1981, i corsi estivi tenuti da sir Peter Maxwell Davies a Dartington e, dal 1978 al 1985, si è perfezionata con Hans Keller a Londra.

Numerose le borse di studio vinte dopo il diploma, fra le quali spiccano quelle offerte dalla Fromm Foundation e la Fulbright, che le hanno permesso di seguire i corsi tenuti da Hans Werner Henze e Gunther Schuller al Tanglewood Music Center nel Massachussetts.

Infine, va ricordato il conseguimento di un’altra prestigiosa borsa, grazie alla quale è stata ospite, per tre estati di seguito (1988-90), della MacDowell Colony, una vasta tenuta acquistata dal compositore statunitense Edward MacDowell per accogliere artisti di talento provenienti da ogni parte del mondo.

Contemporaneamente, dall’anno del diploma ad oggi, la Brusa ha portato avanti un’intensa attività didattica ed attualmente è titolare al Conservatorio di Milano della cattedra di Armonia, Contrappunto e Fuga del corso biennale di Orchestrazione Tradizionale per il Triennio Superiore di Composizione.

Per quanto riguarda la sua produzione, essa appare orientata principalmente verso composizioni orchestrali, molte delle quali frutto di commissioni ricevute da importanti organismi internazionali.

Un curriculum di tutto rispetto, che ha sicuramente colpito i responsabili della Naxos, al punto da raccogliere in due cd parte della produzione della Brusa.

Il primo dei due volumi si riferisce a brani compresi fra il 1985 ed il 1997.

Il disco in questione inizia con Florestan (1997), lavoro che si ispira all’omonimo personaggio nato dalla fantasia di Schumann e presente in molti suoi saggi musicali. Esso rispecchia quella parte passionale ed energica del musicista tedesco, ma è anche una sorta di ritratto autobiografico dell’autrice.

Il secondo pezzo proposto è Messidor (1998), mese estivo coniato dai rivoluzionari francesi. Il suddetto brano rievoca temi e situazioni tratti dal Sogno di una notte di mezza estate ed è dedicato al marito della Brusa, il maestro Gilberto Serembe.

E’ quindi la volta de La Triade (1994), liberamente ispirata ad una favola di Esopo, che fissa l’incontro fra una volpe malconcia ed un serpente intrappolato in un gruppo di rami che vanno alla deriva in un torrente.

La classicità greca fa da spunto anche alla Sinfonia Nittemero (1985-88), dove Nittemero (letteralmente “notte e giorno”), era un vocabolo che indicava per i Greci, l’arco delle 24 ore, contando da mezzogiorno al mezzogiorno successivo.

Scritta per l’amica del cuore in occasione della nascita del figlio, la sinfonia è divisa in tre movimenti Allegro ma non troppo, Largo e Allegro ma non troppo, che corrispondono a pomeriggio, notte e mattina.

Il finale è rivolto alla breve Fanfare (1996), un omaggio a Odaline de la Martinez, direttrice d’orchestra cubana perfezionatasi in America e grande estimatrice della Brusa.

Il secondo disco abbraccia un arco di tempo molto più vasto del primo, quasi venticinque anni, ed è una esauriente panoramica dei temi affrontati dall’autrice nel periodo in questione.

Si inizia con lo scoppiettante e allegro “Firelight” (1992-93), dedicato al maestro Fabio Mastrangelo, per poi passare ad un intenso e malinconico “Adagio per archi” (1996).

Successivamente le note sono nuovamente gioiose, con “Wedding Song” (1997), scritta per il marito, per ritornare tristi, meditative, ma mai cupe, nel “Requiescat” (1994), composto in memoria di Hans Keller, una delle personalità che ha influito maggiormente sulla formazione musicale della Brusa.

L’incisione è completata dalla “Suite Grotesque” (1986), suddivisa in quattro movimenti (Scherzo, Adagio, Andante, Finale) e “Favole” (1982-83), creata per il figlioccio Matteo e costituita da sette brevissimi pezzi, ognuno corrispondente ad una nota fiaba dell’antichità o del passato più recente.

Quest’ultima composizione, che presenta ben tre favole di Esopo, conferma la passione della Brusa per l’antichità classica greca, già sottolineata in precedenza.

Inoltre, alcune soluzioni musicali risultano particolarmente felici e ben riuscite, come il suono del battito del martello sull’incudine ed il sassofono abbinato alle maracas, per identificare rispettivamente la formica e la cicala, protagoniste dell’omonima favola di La Fontaine.

Riguardo allo stile, l’autrice si serve di strutture legate alla musica contemporanea per affermare una propria concezione originale e moderna nella migliore accezione del termine in quanto fruibile da un pubblico abbastanza vasto.

Le note positive vanno estese alla splendida esecuzione dei diversi brani da parte dell’ “Orchestra Sinfonica Nazionale dell’Ucraina”, che si dimostra un’ottima compagine, completa in tutte le sue sezioni, grazie anche al direttore Fabio Mastrangelo, giovane talento barese trapiantato in Canada.

A questo punto, prima di chiudere, è d’obbligo una noterella polemica.

Logica vorrebbe che, nel momento in cui una nostra connazionale incontra i favori di una casa discografica come la Naxos, attualmente la più diffusa al mondo, la gioia degli addetti ai lavori dovrebbe essere grande

In realtà siamo fra i pochi, o forse gli unici, ad aver dato risalto a queste due incisioni rivolte alle opere di Elisabetta Brusa.

Ciò, se da una parte ci rende orgogliosi, dall’altra ci rattrista non poco in quanto conferma che in Italia per farsi conoscere, anche in un campo come quello della musica classica, non sempre è sufficiente avere talento, ma occorrono spesso le amicizie giuste o l’appartenenza a ben determinate parrocchie.

Fortunatamente questo è un tipo di problema che la Naxos non si pone, in quanto il suo unico obiettivo è quello di arricchire il proprio catalogo con il meglio del repertorio musicale mondiale, sia del passato che del presente.
Invitiamo, pertanto, ad acquisire entrambi i volumi dedicati ai brani della Brusa e terminiamo con l’augurio che un esordio così importante in campo discografico funga da base di partenza per un successo meritato e duraturo.

Marco del Vaglio